Self-coaching per scrittori: la pagina bianca
“There is no greater agony than bearing an untold story inside you.” (Maya Angelou)
Personalmente non ho mai avuto timore della pagina bianca, anzi, la considero come uno spazio di libertà e di possibilità infinite. Lascio che le parole scorrano, che scelgano da sole il loro ritmo, dando forma a una storia. Piuttosto è in ogni scelta narrativa, come in quelle della vita, che definiamo un percorso a scapito di un altro, riducendo man mano le opzioni a nostra disposizione, ma dando forma e identità a noi stessi e a ciò che scriviamo. Rendendoci unici.
Mi è capitato, tuttavia, di trascorrere periodi anche lunghi senza avere voglia di scrivere. Il che non significa senza avere niente da dire, al contrario. E’ proprio quando le parole ribollono sotto il coperchio della nostra pentola a pressione interna e non le lasciamo uscire che dovremmo metterci a scrivere. A qualcuno o per qualcuno, o anche semplicemente per noi stessi. Perché le parole non dette o non scritte fanno male e perché hanno tutto il diritto di esistere, sotto forma poetica o narrativa, alla pari di quelle che si scrivono praticamente da sole, senza difficoltà alcuna, come se fosse qualcun altro a dettarcele.
Il mio approccio alla pagina bianca, in questi casi un po’ complicati, e anche in generale, è quello di scrivere il più possibile, l’ottimale sarebbe quotidianamente, in modo da fare diventare la scrittura una parte insostituibile e irrinunciabile delle nostre attività quotidiane, come lavarsi i denti dopo i pasti o (questa è un’abitudine personale) ritagliarmi qualche minuto da dedicare alla meditazione. Ciò non significa creare una routine meccanica e ripetitiva, bensì instaurare una buona pratica, dedicare uno spazio solo a noi stessi, dove sentirci bene ed esercitare la creatività. Anche in mancanza di un libro su cui stiamo lavorando, penso che tenere un diario o vivere l’avventura di un blog possa essere un buon sistema per vincere la pigrizia e cominciare ad allenare il muscolo dello scrittore.
Un’altra cosa che ho trovato sempre molto sfidante è scrivere in compagnia, cioè intraprendere progetti di scrittura che coinvolgano più autori. Per chi non è troppo “geloso” della sua opera, il lavoro di gruppo è senz’altro ricco di stimoli e ha il vantaggio di fornire sempre un “interlocutore” disposto a leggere ciò che scriviamo e a mostrare, attraverso le scelte narrative dei suoi turni di scrittura, come i punti di vista su una storia, le aspettative e il dipanarsi della trama possano essere diversissimi da scrittore a scrittore, ma come si possano trovare anche punti d’incontro inaspettati e validi. Io non scriverei mai da sola!
Se tentando i passi precedenti proprio non c’è ancora venuta nessuna idea e la pagina è rimasta bianca, quello che possiamo mettere sul foglio sono le nostre difficoltà, descrivere come ci sentiamo e fare delle ipotesi su ciò che ci frena. Anche scrivere delle domande può essere d’aiuto. Arriverà il momento in cui riusciremo a scrivere le risposte. E se siamo scrittori, infine, ricordiamoci che ci sono infiniti modi per esserlo anche nelle azioni che ci sembrano più banali, come rispondere a un’e-mail di lavoro o scrivere un biglietto di auguri. Non lasciamoci tentare dalle solite frasi che non ci costano fatica perché ormai pre-confezionate e automatiche. Cerchiamo di trovare quella parola non banale, quell’immagine che stupirà il nostro lettore e rimarrà nella sua memoria come l’incipit di un bel libro. Che si farà leggere e rileggere con un sorriso e una punta di commozione.